04 dicembre 2013

L'ULTIMO SALUTO DEL PRESIDENTE CARLO NICORA A DANTE TROMBETTA

Ci sono uomini che, quando se ne vanno, riescono a riempire il cuore di chi resta, di sentimenti contrastanti, come la tristezza e la gioia, il rammarico e l’orgoglio. Dante Trombetta era uno di questi uomini, capace di lasciare chi l’ha conosciuto e amato certamente triste per la perdita, ma forse ancora più riconoscente per tutto quello che ha saputo darci.
Certo dispiaciuto per non poterlo più vedere e sentire, con quella sua voce che faceva tremare le gradinate quando ci si metteva, ma più orgoglioso per aver condiviso con lui un pezzo di strada, per aver fatto parte con lui di una grande storia.
Perché è impossibile pensare a Dante senza pensare alla Robur et Fides. Pensate cosa è nato da un gruppo di giovani che frequentavano l’oratorio di San Vittore. Una storia di sport, di impegno sociale, di fede. Una realtà che ha sfornato campioni nel basket ed in tanti altri sport ma soprattutto nella vita, che ha saputo educare tanti giovani.
E come tutte le grandi storie dove il filo rosso è costituito dall’educazione dei giovani, nulla è nato per caso. Ci sono stati dei maestri, che oggi non ci sono più, e Dante era uno di questi, ma penso al Cav Cavezzale, all’ Avv. Zanzi, al Rag Ermolli, a mio padre Pio Nicora, a Piercarlo Monticelli, a Gianfilippo  Biganzoli.
E ancora a tanti altri di voi che siete qui oggi per dare l’ultimo saluto al grande presidente Dante, per non parlare degli atleti che sul campo da gioco o in piscina hanno dimostrato di che pasta erano fatti, hanno incarnato valori di lealtà, coraggio, capacità di sacrificio.
Hanno mostrato nei fatti, più che con le parole, che lo sport e la fede non sono in contrasto, ma sono entrambi occasione di educazione e di crescita umana globale, non solo per i più piccoli.

Grazie a loro la Robur et Fides  è diventata una grande famiglia, dove tutti lavoravano proprio per portare avanti quegli ideali che chi ci ha preceduto ha trasmesso a noi. E questa catena non deve interrompersi: Dante, e con lui coloro che ci hanno preceduto, ci hanno lasciato una grande responsabilità.
Oserei dire che è un obbligo, un dovere morale trasmettere quel che abbiamo imparato, la forza che ha contraddistinto la nostra società. Ma non siamo soli davanti a questo compito: Dante e i suoi amici che oggi - sono certo - sono insieme nei Cieli, ci accompagneranno, ci sproneranno come faceva lui con i ragazzi durante la partita.
Permettetemi di chiudere con un pensiero personale ai figli:
Stefano, Annalisa, Silvia, Tommaso e Francesco, a cui mi sento particolarmente vicino, perché abbiamo avuto la fortuna di avere come padri due grandi uomini, che si sono spesi non solo per la famiglia, ma per la loro città, per gli ideali in cui credevano, per l’educazione di tanti giovani.
Abbiamo gioito per questo, ne siamo stati fieri, ma quando ci lasciano – così almeno è successo a me – diventiamo ancora più consapevoli del valore che la loro presenza e anche la loro assenza, che non era distrazione ma testimonianza che la vita va spesa per gli altri, siano stati importanti per la famiglia.
Abbé Pierre diceva che La vita è un pezzettino di tempo per imparare ad amare.
Oggi possiamo dire con tutta la certezza che ci ha riunito qui così numerosi, che per Dante e per quelli come lui la vita è stata un pezzettino di tempo per insegnare ad amare.

Grazie Dante in particolare da me e dagli amici che mi hanno preceduto come Presidenti della Robur et Fides (Adalberto, Cesare, Stefano, Luigi).
Ma soprattutto, grazie, grazie, grazie da tutti i Roburini.

Carlo Nicora