- Daniele Vecchi -
Presentazione:
Fuori dalle luci della ribalta, fuori dai circhi mediatici del grande sport, fuori dalle grandi arene, la fuori, c'è qualcuno che ha lasciato il segno, la fuori ci sono gli Eroi della Strada. Eroi anche solo per un giorno, un'ora o un minuto. Le loro gesta rimangono scolpite nella storia della vita, quella storia invisibile eppure indelebile, perchè se anche solo una persona si ricorda di loro, di un loro gesto in un qualsiasi campo di un mondo qualsiasi, gli Eroi rimarranno meravigliosamente tali nel cuore di chi li ricorda.
All’interno del libro un capitolo dedicato a Gabriele Piazzolla, il re del playground milanese, scomparso il 23 maggio 2006 all’età di 25 anni.
Questo il tributo de "La Gazzetta dello Sport" del 30 maggio 2006:
Ciao Piaz, mago del campetto
Ricordo di Gabriele Piazzolla, re dei playground milanesi, morto la scorsa settimana a 25 anni. Un talento da serie A speso sui campetti di periferia, un giocatore unico nel suo genere
MILANO, 30 maggio 2006 - Questa è la storia di un ragazzo che il grande basket lo sognava e qualche volta lo aveva assaggiato. Lo aveva cercato con ostinazione, pur dovendo fare i conti con i propri demoni che alla fine lo hanno fregato. Gabriele Piazzolla, morto a Milano una settimana fa, era un artista di strada. Uno di quelli che tra tanti anni, nei campi di Milano e non solo di Milano, ricorderanno più e meglio di tanti giocatori che saranno solo comparse nella memoria. Non Piazzolla, il “Piaz”. Un ragazzo di 25 anni di incredibile bellezza, grazia e talento, che segnava canestri da dieci metri con incolpevole naturalezza, che ridicolizzava l’avversario con tunnel e contro tunnel in qualsiasi categoria si cimentasse, dalla B1 al tre contro tre estivo.
Lo hanno amato e allenato tanti coach che siedono sulle panchine dei grandi: Fabio Corbani, Guido Saibene, Giorgio Valli, Cesare Ciocca solo per citarne alcuni. Lo hanno ammirato e qualche volta sportivamente detestato compagni e avversari di gioco nei campi di via Dezza e del parco Sempione, quando iniziava lo show per dare sfogo a uno splendore cestistico da lasciare tutti a bocca aperta e spesso col sedere per terra. Ubriacati di finte, scherniti da un crossover, uccellati da distanze ritenute impossibili per realizzare un canestro. Al "chiuso" il copione non cambiava: in serie B, in serie C, traguardi raggiunti ripartendo dalla serie D dopo il settore giovanile all’Olimpia Milano.
Quando arrivava in motoretta da Via dei Missaglia al campo del Cusano Milanino già cambiato e pronto per la partita. Promozione in C2 al primo colpo. Dalla serie D alla B1 di Treviglio, per nove punti in meno di due minuti "e tutti a casa", come amava dire lui al campetto; poi Voghera, tante casalinghe innamorate e quei 25 punti in 20 minuti arrivando poco prima della palla a due, pregando l’allenatore di metterlo comunque in quintetto. Altro piccolo particolare: era la partita decisiva per raggiungere i playoff.
Si torna in serie B, questa volta la B2 di una Torino affamata, poi Como, dove il traguardo salvezza si trasforma in 11 vittorie su 15 partite dal suo arrivo. In mezzo le comparsate a Corsico, serie C2, perché quando era senza squadra, il suo vecchio allenatore a Cusano Milanino Gianluca Oltolina lo chiamava per dare una mano ai suoi ragazzi e vincere qualche partita in più. Generoso, intelligente, spontaneo, Piazzolla accettava sempre: immaginatelo voi un giocatore da serie A sui campi di periferia.
Dopo Corsico, dopo il suo ultimo approdo a Ghemme in serie C1, dopo gli allenamenti alla scuola di Dante Gurioli a Rho "perché solo tu Dante puoi farmi tornare il giocatore che ero". Oltolina lo ha pianto in chiesa insieme a una folla impressionante sabato scorso a Milano, parlando di lui dal banco delle letture, invitando, per un giorno, per un’ora, a spegnere il sole, oscurare la luna e le stelle, sradicare gli alberi: perché lo spettacolo è finito, il più forte di tutti se n’è andato.